Risonanza magnetica mammaria come screening nella popolazione generale


L’uso della risonanza magnetica ( RMN ) mammaria è da escludere sia come indagine di screening nella popolazione generale, sia come indagine mandatoria di complemento a mammografia ed ecografia mammaria in pazienti con diagnosi di carcinoma mammario ( livello di evidenza 2-; grado di raccomandazione D )

La RMN mammaria presenta una sensibilità maggiore nella diagnosi di cancro mammario rispetto alla mammografia, accanto a una minore specificità e ciò comporta un più alto tasso di falsi positivi. A questo proposito diversi studi hanno dimostrato che globalmente in quasi il 50% dei casi la risonanza magnetica trova ulteriori reperti rispetto all’utilizzo della mammografia ed ecografia mammaria, che un paziente su cinque per questo motivo viene sottoposto a biopsia dei nuovi reperti ma solo in un caso su otto ( 12% ) viene diagnosticato un ulteriore focolaio di carcinoma.

Inoltre, la RMN mammaria non è in grado di rilevare la presenza di microcalcificazioni e l’impatto dello screening con RMN sulla sopravvivenza globale non è stato valutato in nessuno studio clinico randomizzato.
Gli unici dati a disposizione da questo punto di vista provengono da casistiche retrospettive condotte su pazienti con diagnosi di carcinoma mammario e sottoposte a completamento diagnostico con risonanza mammaria o meno dopo mammografia ed ecografia mammaria. In particolare, una delle casistiche più ampie, ha dimostrato, a distanza di 8 anni, nessuna differenza in recidive locali, metastasi a distanza, mortalità correlata al carcinoma mammario e mortalità globale.

Inoltre, una metanalisi condotta su più di 2.600 casi di carcinoma mammario provenienti da 19 studi osservazionali, ha evidenziato che, con la risonanza magnetica preoperatoria, vengono diagnosticati ulteriori focolai di carcinoma nel 16% delle pazienti ( come peraltro dimostrato in almeno altri tre studi dove tale percentuale è stata simile e globalmente del 12% ).
Il riscontro di questi ulteriori focolai ha determinato una modifica del tipo di intervento chirurgico nel 19.4% dei casi.
Allo stesso tempo questa metanalisi ha evidenziato un 6.6% di falsi positivi, con un un aumento di interventi chirurgici più estesi o di mastectomie inutili.

Ad oggi non sono ancora noti due aspetti: a) il significato biologico degli ulteriori focolai di malattia riscontrati alla risonanza magnetica, ovvero se si tratti di focolai di malattia indolente o meno; b) il ruolo della radioterapia sulla mammella residua dopo chirurgia conservativa sui focolai di carcinoma diagnosticati solo dalla risonanza magnetica.

Un singolo studio retrospettivo ha valutato il ruolo della risonanza magnetica in donne con diagnosi di carcinoma lobulare in situ ( LCIS ) e iperplasia atipica sottoposte a screening con mammografia annuale e con risonanza magnetica a discrezione del medico.
Nell’ambito delle pazienti che avevano ricevuto entrambi gli esami di screening, la risonanza magnetica ha diagnosticato un carcinoma mammario nel 4% ( 5/135 ) delle donne con diagnosi di LCIS e mammografia negativa, mentre nessun impatto ha avuto l’aggiunta della risonanza magnetica nello screening delle donne con diagnosi di iperplasia atipica.

La risonanza magnetica come metodica di screening in aggiunta alla mammografia e all’esame clinico, trova indicazione in donne con predisposizione genetica / importante storia familiare, a partire dall’età di 25 anni.

Inoltre, considerato l’aumentato rischio di sviluppare un carcinoma mammario, la risonanza magnetica potrebbe trovare indicazione anche nelle donne che hanno ricevuto irradiazione toracica prima dei 30 anni d’età, iniziando dall’età di 40 anni o comunque 8-10 anni dopo l’esposizione. ( Xagena_2012 )

Fonte: AIOM, 2012

Xagena_Medicina_2012